La mia vita al servizio di Dio
Di Antonino Giovanni Chinnici ( pagina in costruzione)
Biografia del Pastore
Antonino Giovanni Chinnici
Un Uomo di Dio
…e l’Eterno il tuo Dio ti ha detto:
“Tu pascerai il Mio popolo, Israele;
tu sarai principe sopra il Mio popolo”.
I Cronache 11:2
A cura del fratello in Cristo
Giovanni Di Franco
BREVI CENNI BIOGRAFICI INTRODUTTIVI
I° PARTE
CAPITOLO I°
LA MIA GIOVINEZZA IN CRISTO GESU’
Ringrazio il Signore per la Sua grande benignità che si mostra assai misericordiosa ancora oggi, in un epoca davvero disinteressata per le “cose” spirituali.
Ringrazio ancora il Pastore Antonino Chinnici per la fiducia accordatami nell’avermi affidato un compito serio dinanzi a Dio e al Suo Popolo come quello di scrivere la biografia di un “Uomo di Dio”; il fondatore della “Chiesa Cristiana Evangelica Internazionale”.
Questo libro, curato da me e dal fratello Antonino Chinnici, nasce da un suo profondo desiderio di testimoniare a tutti come la Fedeltà di Dio sia una Realtà ancora oggi operante e votata alla Salvezza di tutte quelle anime che hanno scelto la Via Santa del Signore.
Lo scopo, quindi, non racchiude alcuna vanagloria ma si estrinseca, con la semplicità stessa dell’animo del Pastore, nel desiderio di far conoscere a Voi tutti come dio lo abbia scelto come Suo Servo e fedele Testimone, per Predicare – soprattutto nella solitudine e “senza paura” – la Parola di Dio nel Nome del Signore Gesù Cristo.
Col suo Ministerio ultracinquantennale, che gli ha permesso di seguire in modo “palpabile” la Luce di Dio, il Pastore Antonino Chinnici rappresenta, in tutto il mondo, uno dei Servi potentemente Unti; è noto a tutti, infatti, come il Signore lo abbia sovrabbondato di doni celestiali come quello della Predicazione, della Profezia, del Discernimento Spirituale, delle Potenti Operazioni, del Canto etc. etc.
In tutti questi anni non è stato semplice rimanere da solo sotto la mira dei “cecchini” del diavolo, ma Dio lo ha fortificato, protetto e consolato, specie in occasione di forti delusioni derivate dall’inimmaginabile comportamento di suoi stretti collaboratori.
Oggi possiamo dire, col profeta Samuele, “Eben Ezer”,Dio fin qui ci ha soccorso e non ci ha mai abbandonato; così Dio ha provveduto al fianco del Pastore anime semplici, ricolme di vera dignità umana e spirituale; fratelli e sorelle che lo hanno amato, sostenuto e consolato.
Proprio per dare gioia a costoro, anch’io mi associo al desiderio del Pastore Antonino Chinnici di realizzare questo lavoro che offro a Dio e al caro fratello “Nino” come un tenero abbraccio, in segno di affetto Cristiano, di Ubbidienza e di Unità di Spirito
Questo libro si articola in tre parti:
Parte biografica “strictu senso”;
Parte riservata alle Testimonianze di alcuni fratelli e sorelle dell’opera;
Album fotografico.
La prima parte, cioè la biografia del Pastore, è stata realizzata sulla scorta di tre cassette registrate per me, in via esclusiva, dal fratello CHINNICI, in modo che io potessi trascriverle ed adattare.
La seconda parte racchiude la fedele testimonianza di alcuni fratelli e sorelle che fanno parte di questo Ministerio e possono, così, testificarne l’Unzione spirituale.
Sono tutte testimonianze molto toccanti, come quelle sulla sorella Maria CHINNICI e quelle della resurrezione del fratello Gabriele PAOLINI e della conversione del fratello Giovanni TORTORICI.
La terza e ultima parte racchiude alcune preziose e inedite fotografie del Pastore su gentile concessione di alcuni fratelli.
Desidero ringraziare particolarmente tutti i cari fratelli e le sorelle che hanno contribuito alla realizzazione di quest’opera con il loro contributo fotografico e con le testimonianze, e con un prezioso impegno tecnico come piccoli fratelli Gabriele, CHIARAMONTE e BELFIORE, nonché l’inestimabile appoggio del fratello Francesco MANZO.
Desidero, infine, ringraziare tutti coloro che hanno sostenuto fattivamente e con la preghiera, la mia persona.
Grazie di cuore. Dio vi benedica e che possiate ricevere dal Signore le Sue preziose Consolazioni.
BREVI CENNI BIOGRAFICI INTRODUTTIVI (indice)
Il Pastore Antonino CHINNICI nasce in Sicilia in un piccolo Centro del Palermitano, Belmonte Mezzagno, negli anni che precedono di poco lo scoppio della seconda guerra mondiale.
Egli sarà testimone oculare delle vicende drammatiche e umane che caratterizzano l’invasione americana e la liberazione del nostro Territorio dall’occupazione nazi-fascista.
Coraggio, Dignità, Generosità, Determinazione sono solo alcune delle virtù che il pastore Antonino Chinnici manifesterà fin dalla più tenera età, esaltate anche dalle difficoltà e dalla povertà che la guerra aveva lasciato come triste patrimonio.
Figlio di un valoroso Carabiniere, il Pastore Chinnici, più volte renderà pubblica riconoscenza a suo padre per la ferrea disciplina impartitagli fin da fanciullo, e che si rivelerà preziosa per il Suo Ministerio, nella conduzione di un popolo “eletto” che, come lo storico Israele, si mostrerà spesso contraddittorio e non grato a Dio per il bene ricevuto.
La preziosa opera che Iddio ha fatto nella vita del Pastore Antonino Chinnici inizia in Sicilia chiamandolo a ravvedimento negli anni ’50, quando alcuni missionari americani annunziarono l’Evangelo di Cristo proprio a Belmonte Mezzagno.
In quel tempo la nostra Nazione si dibatteva nella lotta politica che divampava fra cattolici e comunisti, quando il sentire parlare di “Evangelisti” esacerbava gli animi delle persone e trascinava con sé un triste bagaglio di scherno, di isolamento e di vera persecuzione fisica.
Il nostro caro Pastore, proprio nell’affermare pubblicamente la Parola dell’Evangelo laddove cita che Iddio va adorato in Spirito e Verità, e quindi non attraverso le sculture o le immagini, rischierà il linciaggio per opera di alcune migliaia di suoi compaesani che, però, rimarranno confusi dallo Spirito di Dio disceso in quei tumultuosi momenti per far sì che gli assalitori si scagliassero non più contro il Pastore, ma fra loro stessi.
Dopo qualche tempo, per raggiunte difficoltà economiche in tutta l’isola, alcuni elementi della famiglia CHINNICI si trasferiranno in Piemonte e, fra questi, anche il Pastore Antonino il quale guadagnerà subito la stima e la fiducia dei suoi nuovi datori di lavoro e dei suoi nuovi compagni.
Proprio in Piemonte il Signore si manifesterà gloriosamente, chiamandolo con la grande Potenza dello Spirito Santo che, con Splendore accecante lo rapirà e lo avvolgerà completamente, “dalla testa ai piedi”, mentre un fiume di parole in lingue straniere armonizzeranno quella dolce atmosfera.
Il luogo dove l’Uomo di Dio abitava tremerà e la Voce del Signore chiamerà il Suo Servo per un prezioso Ministerio che avrebbe dovuto svolgere proprio in Sicilia, in quella terra dalla quale era venuto via e dove avrebbe ricercato, con entusiasmo e con l’Unzione di Dio, un popolo da condurre alla Salvezza eterna.
L’Opera del Signore in Sicilia sarà benedetta fin dal principio poiché, non l’uomo ma proprio Dio, guiderà ogni cosa e molte persone del mondo varranno a ravvedimento, mentre altre, ripiene di gelosie religiose di qualche organizzazione chiesastica della città, pretenderanno l’esclusivo esercizio dell’Evangelo.
Il Pastore CHINNICI, conscio di servire Dio e ricercando solo la guida dello Spirito Santo, più volte affermerà che “il vanto di un vero Servitore del Signore non sono le sue medaglie che può apporre sul suo petto, ma la propria Croce da portare sulle spalle e le cicatrici delle ferite, spesso determinate non da estranei, ma dai propri “fratelli”.
Anche questo rientra nel piano di Dio che per primo ha subito le offese e i contrasti dei Suoi stessi familiari. Amen!
Il Signore ha grandemente benedetto la Sua Opera manifestandosi con Risvegli Spirituali molto lunghi (anche 18 anni), ma anche con potenti Miracoli come guarigioni da gravissime malattie e tumori e anche con resurrezioni di morti.
Il popolo di Dio,salvato per Grazia, conterà fra le sue fila migliaia di uomini e donne di tutti i ceti sociali.
Il Signore ha voluto mantenere “unta” la Sua Opera, immune da contaminazioni religiose e pseudo-sociali, proprio perché il bene ricercato è l’eccellenza dell’Amore di Dio e la Salvezza dell’anima dei peccatori.
Per questo motivo, molta gente del mondo ancora non comprende, come non fu compreso lo stesso Signore Gesù che fu accusato di essere un seduttore e un falso profeta,ma un giorno il fuoco (dice la Sacra Scrittura) proverà le opere degli uomini ed allora sarà proprio il Signore ad onorare i Sui Servitori.
Oggi, il Mandato del Signore al fratello Chinnici, si è esteso non solo in molte Regioni d’Italia (Campania, Lombardia, Piemonte, Molise, Lazio etc.) ma anche in molte Nazioni lontane come quelle del Sud Africa, del Brasile, dell’Est Europa, etc.
Un giorno il Signore volle raccogliere i Suoi discepoli attorno a Sé, proprio come un’aquila raccoglie sotto le sue ali i suoi piccoli, così comprendiamo che, per Grazia, il grande ed Eterno Dio ci ha dato l’opportunità e l’onore di conoscere personalmente e di collaborare un vero Profeta, un uomo chiamato da Dio.
Un ringraziamento al Signore va anche per il ricordo della preziosa consorte del Pastore, la sorella Maria, che Dio ha voluto raccogliere presso di Sé nel marzo del 2003.
Questa preziosa Serva ha svolto un’opera preziosissima per il Ministerio, poiché poche donne al mondo avrebbero potuto agire come ella ha agito, con abnegazione ed umile comprensione verso il suo compagno, la famiglia, il popolo del Signore.
Poche donne al mondo avrebbero accettato le sue rinunce abbondanti come peraltro sono state le sue benedizioni e l’alto privilegio di poter servire Dio al fianco di un vero Servo.
Il Signore vi benedica nella lettura di questo libro che Egli ha permesso di scrivere esclusivamente per la Sua Gloria.
I° PARTE
CAPITOLO I°
LA MIA GIOVINEZZA IN CRISTO GESU’ (indice)
Ricordo che, fin da ragazzo, mi piaceva guardare il cielo di notte, specie quando c’erano dei temporali e, nell’oscurità, aspettavo qualche fulmine squarciasse l’atmosfera; erano momenti bellissimi e solo allora mi rendevo conto di un vero e proprio mondo che c’era al di sopra dell’umanità.
Questa tendenza di scrutare attentamente le stelle e tutto il creato la porto ancora con me; non mi ha mai lasciato nonostante siano trascorsi tanti anni.
Coinvolto con i miei familiari nelle cose del presente secolo (come tutti del resto), vivevamo, in quel tempo, senza l’Evangelo perché nessun ambasciatore del Signore era mai venuto a portarci un raggio di questa meravigliosa Luce; però il Signore afferma nella Sua Parola che ”tempi e stagioni maturano per la Sua Volontà”.
Fu così che il signore mandò dei missionari dagli Stati Uniti d’America, i quali portarono la Parola di Dio al mio paese di origine(1).
Ricordo che la sera, quando passavo vicino al luogo dove si radunavano, cominciavo a beffarli perché – a mio parere – sembravano tante pecore “stonate” che non avevano né testa, né coda.
Così, con le mie smorfie, facevo ridere la gente che veniva intrattenuta da una beffarda e stravagante solidarietà che ci faceva sentire tutti forti e soddisfatti anche se non capivamo di offendere il Signore Gesù, Colui che era morto per noi.
In quel tempo fui ingaggiato come minatore(2), perché era in costruzione una strada fra le montagne nel territorio del mio paese.
Noi minatori avevamo il compito di aprire un varco agli operai che ci avrebbero seguito e che avrebbero portato avanti i lavori di costruzione.
Ricordo che a mezzogiorno ci si radunava per gruppi e si mangiava, e in una di queste pause qualcuno cominciò a parlare del Signore.
Mi guardai attorno per vedere chi fosse e vidi che si trattava di compaesani, gente che conoscevo bene e così dissi fra me:
- “…ma questa gente…improvvisamente parla dell’Evangelo? Come mai? Chi glielo ha insegnato?”
Nel frattempo, però, criticavo e schernivo, mentre gli altri operai ridevano godendosi lo “spettacolo”.
Passarono almeno un paio di mesi, io continuavo a criticare l’Evangelo e notavo che la gente mi apprezzava e rideva con me; in fondo c’era spettacolo gratis e assicurato, quando gli “operai di Dio” parlavano di Cristo.
Un giorno, uno di loro mi disse:
- “Sai leggere?”
- “Certo che so leggere!” – risposi – così lui replicò:
- “Fatti dare un Vangelo dal tuo prete e noterai che le cose che dico sono la pura Verità biblica”.
A quel punto gli replicai che ciò che mi diceva non mi interessava per nulla; in effetti volevo uscire “a galla” come del resto vogliono fare tutti gli uomini perché è un sentimento naturale quello di non darsi mai per vinti, così cercavo di districarmi tra le spine e, come si dice, volevo “arrampicarmi sugli specchi”; quando, però, il Signore mette la Sua mano, tutto ciò che è “a galla” và a fondo perchè il Signore ci insegna che se vogliamo stare “a galla” dobbiamo prima scendere molto in basso, come fece Lui e come la Sacra Scrittura ci testimonia(3).
Quando la giornata di lavoro finiva, tutti gli operai avevano l’abitudine di ritrovarsi nella piazza del paese per fare quattro chiacchiere, parlando del più e del meno.
Una sera di quelle, mentre mi trovavo in piazza e stavo parlando con mio padre, uomo forte e davvero vigoroso, ci venne incontro l’arciprete di Belmonte che disse:
-“Ragazzi, questa sera vi invito al circolo cattolico, venite a trovarci…”.
Mio padre, guardandomi un po’ incuriosito, disse di andare ma io non volevo e feci una certa resistenza, però lui mi fece forza e così lo seguii; quando arrivammo al circolo cattolico vidi tutti i notabili del paese che erano riuniti in una grande sala e sembrava proprio che aspettassero noi; c’era anche l’arciprete.
Ad un tratto, il padre del religioso si alzò e disse:
-“Vi abbiamo riunito qui perché in questo paese due missionari sono venuti a toglierci la pace. Sono venuti
dall’America con questo Evangelo e la gente non sa cosa fare, per cui dobbiamo combatterli con la stessa
arma, con lo stesso Evangelo, perciò ve ne daremo alcune copie che leggerete a casa e, tra otto giorni, ci
ritroveremo qui ed ognuno esprimerà il suo giudizio su ciò che avrà letto, va bene?”
Qualcuno fu convinto, qualcun altro un po’ meno, ma alla fine facemmo per come s’era detto, per cui quella stessa sera cominciarono a distribuirci alcune copie cattoliche del Nuovo Testamento e dei Fatti degli Apostoli.
Appena colui che distribuiva le copie mi fu vicino, mi sussurrò di fare un’offerta; io avevo del denaro in tasca, ma non glielo diedi, gli dissi:
-“Guarda, se ne parla un’altra volta!”
Quell’uomo mi rispose che aveva fiducia in me, per cui era convinto che gli avrei dato una certa somma dopo qualche giorno.
Cari lettori, in quel tempo non avevo veramente idea dell’opera che Dio voleva fare nel mio cuore, così avvenne che l’indomani andai a lavorare e continuai a beffare quei “poveri” operai che, avendo accettato Gesù, parlavano con entusiasmo dell’Evangelo, e fu così che uno di essi si avvicinò e mi rivolse la parola.
-“Tu sai leggere vero? Fatti dare un Evangelo e leggerai le stesse cose che io dico”.
Fra me confermai il fatto che possedevo un Evangelo e mi dissi:
-(Io ho un Evangelo, l’ho appena ricevuto, voglio vedere questa sera quello che c’è scritto).
Finito il turno di lavoro corsi a casa, mi lavai e cominciai a leggere il Nuovo Testamento che mi avevano “regalato”; lo aprii ed ecco la mia vista si posò sull’Evangelo di Giovanni, capitolo 4 versi 23 e 24, dove è scritto:
“Dio è Spirito, perciò comanda che i veri adoratori, adorino Iddio in Ispirito e Verità”.
È proprio così che il Padre comanda e, cioè, che i veri adoratori adorino il Padre in Ispirito e Verità.
Questa Parola fu come una Luce che entrò dentro me; girai lo sguardo sui muri di casa e vidi che dappertutto c’erano idoli: Giuseppe, madonne allegre e addolorate; insomma “gente” sotto tutti gli aspetti.
Allora dissi a voce udibile:
-“Se Dio è Spirito e Verità, queste cose che ho, cosa sono?”
Mi alzai subito, le presi tutte e promisi di uscire e di distruggerle ma, a quel punto, qualcuno della famiglia mi fece presente che avrei potuto starmene tranquillo a casa, però io risposi a tono:
-“Ora, devo uscire ora! Questo è il momento di uscire”.
In quel tempo la mia voce era quella di un leone e non ammettevo repliche; oh gloria sia al Signore, Egli sa cambiare i “leoni” in umili “agnellini”, Amen.
Così misi quel Vangelo in tasca e scesi in piazza; sembrava la scena descritta negli Atti degli Apostoli, quando i greci si recavano in piazza non solo per passeggiare ma anche per parlare del più e del meno, informandosi così delle novità che circolavano tra i popoli.
In piazza, dunque, stavo passeggiando quando vidi uno di quelli che erano stati con me al Circolo Cattolico; quel tale sarebbe divenuto ingegnere importante, cresciuto all’ombra delle “…tonache…”
Gli dissi se poteva darmi una spiegazione su qualcosa che non avevo capito ed egli acconsentì:
-“…Sì, certo Nino…certamente…” mi disse, così subito continuai:
-“Dio ha detto che vuole essere adorato in Ispirito e Verità mentre voi, contrapponendovi alla Volontà del Signore, avete ripieno le case, le chiese e il mondo di statue”.
-“No! Rispose perentoriamente, “per comprendere l’Evangelo bisogna attendere alla Rivelazione della Madre Chiesa”.
Quella risposta non mi convinse, assolutamente, così gli risposi anch’io con tono perentorio:
-“…Ma non è lo Spirito Santo che ha dettato il Vangelo ai Santi uomini? E non è Lui che illumina la mente di chi vuole amare e servire il Signore?”
Non mi ero accorto, parlando, che s’era fatta intorno a noi una grande folla; ad un tratto il fuoco di Dio cadde sopra me e non compresi più quello che il Signore mi faceva dire, ma quando il prete si accorse che io, da solo, tenevo testa a una grossa moltitudine di persone, ordinò ai suoi amici di andare in chiesa e di suonare le campane.
Lo scopo era quello di raccogliere quanta più gente possibile per linciarmi.
Non sbaglio se definisco quel periodo come il tempo della “molta politica” perché era un tempo caratterizzato dalla presenza di molti comunisti(4) che si vantavano di esseri atei.
Il fragoroso suono delle campane radunò circa 3000 persone, tante quante ne poteva contenere quella piazza. La gente che non sapeva, almeno inizialmente, cosa stesse succedendo, era venuta fuori dalle case, dai bar, dai luoghi più diversi ed era accorsa prontamente ed erano venuti pure i Carabinieri e i comunisti.
Non so cosa stesse succedendo, ma l’intento di un linciaggio nei miei confronti era ben chiaro; immaginate le grida, gli spintoni, le accuse.
Il Signore, ad un tratto,mise in loro uno spirito di confusione così, fino a notte, tutte quelle persone continuarono a contrastarsi l’uno con l’altro; un gruppo contro l’altro; tre contro due e due contro tre.
Era davvero come al tempo della torre di Babele.
Improvvisamente, venne da me il Maresciallo dei Carabinieri, mi prese sottobraccio e mi disse con tono autoritario:
-“…Chinnici…Chinnici, vattene a casa, vedi? Per colpa tua c’è un paese in rivoluzione…vattene a casa, ti offro pure un caffè!”
Il Maresciallo mi prendeva con le buone ma, senza mancargli di rispetto, gli risposi:
-“Maresciallo…il caffè lo do io a questa gente che mi ha ingannato e, per anni, mi ha fatto adorare gli idoli, invece di farmi amare e glorificare l’Iddio Vivente e Vero”.
Cari lettori, ciò che accadde fu come una molla che fece scattare i congegni dello scontro aperto.
Da quella sera vi fu guerra scatenata contro di me, una guerra “senza quartiere”.
Tutti quelli che mi avevano amato fino a quel giorno, parenti, amici, “compari” e “comari”, scomparvero come la “neve di marzo”; fui abbandonato da tutti e lasciato solo.
Ricordo che, tornando dal lavoro, quelle persone che conoscevano bene l’orario del mio ritorno, prendevano i loro figli, li acchiappavano e se li tiravano a forza dentro casa, come se io li dovessi contagiare.
Vedevo le porte chiudersi davanti a me, mentre ricordo pure una donna che mai aveva parlato di cose spirituali, ma che diventò improvvisamente religiosa in quella occasione. Un giorno, mentre passavo davanti la sua casa, questa donna si inginocchiò sull’uscio e cominciò a gridare:
-“…ave Maria, madre di Dio…etc.”
La guardai e proseguii in silenzio il mio cammino sapendo che queste cose accadevano per la Gloria che davo al Signore,ed era proprio Gesù che mi dava la forza di sopportare il fato che la gente non volesse nemmeno incontrarmi per strada.
Un giorno stavo tornando dalla piazza del paese e salivo verso casa mia, là dove ero nato; improvvisamente incontrai un mio cugino.
Questi, lì per lì, volendomi evitare ma non sapendo dove prendere, cominciò a strisciare lungo il muro, mentre la faccia gli diventava così bianca da assumere proprio quel colore di “limone ammuffito e già putrefatto”. Gli chiesi come mai era divenuto così pallido?! E fu così che mi accorsi, rispondendo a me stesso, che il signore aveva messo su me il segno del Suo Nome e della Sua Verità.
Ricordo una sera, passando per la piazza, che qualcuno sputò al mio indirizzo, visto che ormai ero divenuto la “mela marcia” di un intero Comune.
Il Signore è stato sempre il mio aiuto, e anche in quella occasione mi diede una forza d’animo tale da sopportare pure questo e non solo.
Un’altra sera, tornando dalla cava, stavo recandomi da mia madre e, proprio di fronte all’uscio di quella casa, nel marciapiede di fronte, vidi una coppia di vecchietti che avevano ubbidito alla “Fede” e che stavano ricevendo la visita di fratelli venuti da Palermo, alcuni dei quali originari di Belmonte.
Quando questi fratelli mi videro arrivare, si rallegrarono sapendo che da alcune settimane avevo accettato l’Evangelo.
Alla loro vista li salutai ma, siccome ero tutto impolverato, trovai il pretesto per non pregare con loro, così avanzai la scusa di entrare in casa per pulirmi, ma uno di quei fratelli mi disse:
-“Fratello, non è giusto che noi preghiamo e tu no!”
-“…Ma sono tutto impolverato…” risposi,
-“Il Signore ci accetta così per come siamo…”, mi fu detto…
Quelle parole mi fecero vergognare, è vero; mi vergognai e non ebbi stima di me pensando, effettivamente, che il Signore ci accetta veramente così come siamo.
Quando ci inginocchiammo, quei fratelli pregarono liberamente e furono davvero benedetti, mentre io rimasi turbato e addolorato perché sentivo una mano su di me che mi stava quasi strangolando. Non potevo parlare per quella forte stretta e, per la prima volta nella mia vita, stavo vivendo un incubo; tuttavia il Signore mi diede la forza di non far capire nulla agli altri che stavano ancora pregando.
Quando finimmo, salutai un po’ impacciato perché ero giovane nella fede e stavo molto attento, cercando di agire come meglio potevo(5); così uscii con quel “guanto di ferro” che mi stringeva ancora la gola; arrivai a casa dove qualcuno mi chiese cosa fosse successo e perché la mia faccia era così turbata.
Risposi esprimendo il desiderio che nessuno mi facesse domande perché non avevo la forza di sentire nemmeno una parola e andai a lavarmi, mentre dentro me infuriava una guerra terribile; inoltre non sapevo ancora che il diavolo parlasse.
Certo, sapevo che fa tanto male alla gente, in tutto il mondo, ma non credevo potesse entrare nella mente degli uomini per suggerire dei pensieri facendoli poi credere non suoi,ma come se fossero originati dalla mente delle povere vittime.
Dentro me sentivo che il “pro” e il “contro” lottavano spaventosamente, mentre credevo che fosse il mio “io” a creare tutto questo, ma non era così, e dicevo:
-“Signore, perché quei fratelli sono stati così benedetti e io no? Li hai graditi più di me? Certo Signore, sarà così perché Tu hai sempre ragione e io non mi sento degno, chissà quanti peccati avrò commesso”.
In pratica, non facevo altro che accusarmi dinanzi al Signore e il diavolo se ne prese cura e mi suggeriva:
-“…Non ti illudere, non entrerai mai nelle vie del Signore perché sei un uomo finito, perché hai fatto tanto male e hai rotto la testa a tanta gente, a cani e gatti”.
Bè, sul fatto delle pietre e delle teste rotte aveva ragione; infatti quando avevo delle pietre fra le mani, credevo di possedere un fucile mitragliatore e molti avevano, per così dire, “assaggiato” la mia mira.
Sì, quella era la verità di fondo e il Signore, che servo con tutto il cuore, sa che questa è la verità.
Uno di questi “assaggiatori” fu proprio uno dei miei fratelli, ora col Signore.
Ricordo un giorno mia madre lo portò dal barbiere per farlo “tosare” come una pecorella e, proprio lì, sia lei che quel barbiere, poterono contare sulla testa di mio fratello ben 32 cicatrici, frutto della mia irruenza ma anche della mia formidabile mira.
Pensate, a questo mio caro fratello avevo rotto la testa ben 32 volte e, quando mia madre se ne rese conto, venne immediatamente alla cava dove lavoravo e mi prese a “boffe”(6), ma siccome io ero “pelle e ossa”, dopo i primi schiaffi dovette rinunciare.
Ero così magro e “stagionato” che fu lei a farsi male e non io, e le stesse pietre di cava non mi ferivano quando mi cadevano addosso.
Torniamo, però, a quella sera tempestosa; avrei fatto qualunque cosa pur di avere una speranza di liberazione, mentre il diavolo mi suggeriva che non sarei mai stato salvato dal Signore, perché – a suo dire – Gesù non mi voleva.
Sentii nascere e crescere potentemente dentro me una reazione verso Dio e Gli dissi:
-“Signore, io so che Tu ci sei e che mi stai ascoltando, se veramente mi vuoi, mandami uno di quei fratelli che ho afflitto ed oltraggiato nel cantiere…”
Pensavo queste cose, quando ad un tratto sentii bussare alla porta; era proprio uno di quei fratelli che avevo tanto offeso a motivo della fede nel Signore Gesù.
Andai io stesso ad aprire e, quando mi vide, mi disse:
-“Fratello, che hai? Ti vedo sconvolto, cosa ti è successo? Vieni preghiamo!”
Lui fu tanto gentile, ma io quasi lo respinsi dicendogli:
-“Senti qua, voglio sapere una cosa: Il Signore può salvare uno come me?”
Quel fratello mi disse di si e cercò di abbracciarmi e di parlarmi affettuosamente, ma io fui brusco con lui e continuai a dirgli:
-“Guarda, fratello, che io sono troppo peccatore! Il Signore non può salvare un uomo come me”.
-“No fratello, Il Signore vuole salvarti!” mi disse, e mi invitò a pregare con lui.
Quel fratello, con il suo modo gentile e con le sue parole, mi rabbonì e mi inginocchiai con lui cercando nel mio cuore la Verità che mi avrebbe potuto dare la Pace.
Io non sapevo pregare e non immaginavo si pregasse con gli occhi chiusi, così li tenni aperti mentre il fratello pregava per me. Ad un tratto mi accorsi che il suo volto fu solcato dalle lacrime che gli scendevano spontaneamente, mentre una benedizione improvvisa scese su me come una cascata d’acqua fresca.
Quella benedizione diveniva sempre più ristoratrice, quando sentii improvvisamente che quel guanto di ferro che mi stava strozzando si allontanava, come se una Potenza suprema fosse scesa per cacciare quel demone.
Pregavamo mentre l’Unzione ci avvolgeva con la sua dolce benedizione, mentre le lacrime comparivano anche sul mio volto.
Ci alzammo ma ci inginocchiammo nuovamente; pregammo ancora e le benedizioni di Dio furono ancora su di noi.
Ci rialzammo e ci inginocchiammo ancora per pregare e per lodare il Nome di Gesù.
In questa occasione, era la terza volta che pregavamo, vidi tra il muro e il pavimento di quella stanza una nuvola di colore azzurro vivo mentre un potente angelo ne usciva. Era un evento davvero glorioso, la sua veste era di raso bianchissimo e sopra aveva un’armatura d’oro scintillante, come gli ufficiali reali dei tempi dell’impero romano; e sotto all’armatura si vedevano delle scaglie d’oro e sotto quelle scaglie un tessuto bianco d’una finezza e d’un candore mai visti prima.
Si vedeva che quell’angelo era una creatura di guerra; i suoi capelli scendevano dalla testa fin sopra le spalle come una cascata di limpido oro.
I suoi occhi erano come il sole quando splende nella sua forza e fu proprio questo meraviglioso angelo che mi mostrò un vizio al quale ero legato: “il vizio del fumo”.
Fumavo sigarette estere perchè mi sentivo importante e non volevo accontentarmi di quelle italiane; così, quando mia moglie andava a Palermo per visitare sua sorella mi comprava 10-20 pacchetti di sigarette per volta.
Tante sigarette, ne volevo tante per far mostra in paese che ero un fumatore elegante.
Fu così, dunque, che il Signore si servì di questa prima visione per liberarmi e purificarmi dal vizio immondo del fumo, un vizio che oggi attanaglia quasi tutta l’umanità, sia lodato il Nome del Signore.
Quella sera raccontai la visione a quel fratello che si rallegrò immensamente e col quale continuammo a vederci per pregare.
Passavano i giorni e quella visione non si staccava da me; il Signore mi mostrava che avevo imboccato la Via Maestra.
Avevo imboccato la Via giusta perché l’angelo mi ordinò di guardare in alto verso il Signore e di non guardare mai più altrove.
Iddio mi cambiava e, in breve tempo, proprio nello stesso cantiere dove beffavo i figli di Dio la gente si accorse che non ero più quel buffone tanto ammirato. Di conseguenza, tutti avevano il broncio e tutti mi criticavano, quando solo quindici giorni prima non avrebbero osato tanto, nemmeno i più arditi.
Nell’opera di cambiamento, il Signore mi tolse quel carattere che mi faceva rendere agli altri “pan per focaccia”, così quando qualcuno mi faceva un torto, io non lo lasciavo senza premio; bastava una pietra – anche piccola – e se costui avesse pur tentato la fuga correndo a “zigzag”, quella pietra lo avrebbe raggiunto comunque, come se fosse stata telecomandata, e sicuramente gli avrebbe causato qualche rottura in testa o in qualche altra parte del corpo, ovunque avessi deciso di colpire.
Il Signore ebbe pietà di me.
A volte mi viene da riderci sopra, ma nello stesso tempo provo anche tanta tenerezza e mortificazione perché mi accorgo davvero che, senza Cristo, l’uomo compie tante azioni malvagie e insensate, proprio come facevo io.
Con Cristo, però, l’uomo può fare tante opere magnifiche, alleluia, oh meraviglie di Dio!
Quel fratello col quale pregavo e a cui ubbidivo come un bambino, mi insegnò a chiudere gli occhi in preghiera e a pensare solo al Signore, affinché non fossi attirato da qualche oggetto o da qualche situazione.
Ero divenuto come un piccolo fanciullo. Proprio come dice la Sacra Scrittura, laddove afferma che “se uno non è nato di nuovo non può vedere il Regno di Dio”.
Quando, con quel fratello, ci riunivamo per pregare, chiusi gli occhi ma non vidi l’oscurità come normalmente succede a chi chiude gli occhi; mentre il fratello pregava io mi ritrovai in un grande giardino ricco di alberi meravigliosi, fioriti e senza una sola foglia. Erano tutti in fila, disposti ordinatamente e stracarichi di fiori.
In quella visione passavo per una strabella, mentre si udiva un meraviglioso fraseggio, non di uccelli, ma era il linguaggio di quei fiori che parlavano fra di essi come se fossero viventi; nello stesso rametto ogni fiore aveva una lingua comprensibile a tutti.
C’era tanta serenità e vita, mentre l’aria che respiravo entrava dentro me come un fiume di pace. Sì, c’era vita, e quei fiori ne erano l’espressione.
-“Grande Padre”, dissi fra me per la meraviglia, mentre quel fratello pregava ancora.
Quando la preghiera finì e ci alzammo, mi rivolsi a lui manifestandogli la mia felicità, il mio stupore; gli raccontai la visione mentre anche quel fratello cominciò a giubilare.
Cari lettori, è nella semplicità di cuore che risiede la gioia e la manifestazione dei doni di Dio,infatti quando nella mia semplicità cominciai a raccontare, in altri luoghi, questa e altre visioni, subito il diavolo – tramite qualcuno – cominciò a dire:
-“Sono già tre anni e mezzo che vado a queste riunioni, non ho visto e non ho sentito nulla, mentre questo tizio, senza nemmeno essere arrivato(7) ha visioni, Dio gli parla e fa questo e quest’altro”.
L’invidia accompagnò per tanto tempo questa infelice e incauta persona, tanto più quando si accorse personalmente che Iddio si rivelava nella mia vita, come lo fa ancora oggi dopo 51 anni, durante i quali Egli non mi ha lasciato, né mi ha abbandonato.
Le visioni continuarono, infatti quando pregai ancora una volta con quel caro fratello, ecco vidi due occhi splendenti che mi fissavano con dolcezza, esprimendo un sorriso.
In quegli occhi c’era una Luce ed un Linguaggio inesprimibile a parole; quel che posso dire è che erano una stupenda realtà, una meraviglia.
-“Signore”, dissi, “…che meraviglia”.
I miei stessi fratelli, naturalmente, sebbene alle spalle mi criticassero, cominciarono a stupirsi per questa mia nuova vita.
Essi stipavano perché si rendevano conto che il mio carattere era mutato e che erano stati liberati da un “leone terribile” che non ammetteva repliche.
Certo, quando talvolta mi avranno visto un po’ imbronciato, avranno pensato che “il leone stesse dormendo” e che non bisognava svegliarlo per evitare qualche guaio. Avevano ragione.
Sia lodato il Nome del Signore.
Capitolo 2°
CRESCENDO NEL SIGNORE (indice)
Passarono gli anni e Dio continuò a manifestarsi nella mia vita, tant’è che molte persone venivano da me, anche da fuori Palermo, per sapere se il Signore si fosse rivelato in loro favore, eppure dovettero passare ancore ben tre anni prima che fossi battezzato nello Spirito Santo.
Il Signore, inoltre, tramite quel caro fratello con cui pregavo, s’era rivelato in mio favore dicendo che avrei pasciuto le Sue pecore.
Ogni volta che ci inginocchiavamo lo Spirito Santo apriva la bocca di quel caro fratello e continuava a ripetermi:
-“Pasci le Mie pecore, pasci le Mie pecore”.
Il Signore ci deliziava con molte visioni, con rivelazioni, mentre la caccia si era aperta contro di me; una persecuzione anche in casa mia.
Mio padre aveva saputo dai preti che gli evangelici non credono a Maria, perciò lui che la bestemmiava almeno un migliaio di volte al giorno, si fece portare a casa una sua statua alta quanto una bambina.
Ogni giorno, nell’ora del mio rientro a casa dal lavoro, tutti i “circolini” cattolici, muniti di coperchi, di pentole e di vecchie latte che usavano come tamburi, si recavano a casa di mio padre e, al mio passaggio, inscenavano uno spettacolo alquanto rumoroso.
Tutti, venivano tutti per assistere a questo strano “rosario”, anche quelli che non avrebbero mai osato farlo prima.
C’era davvero una strana musica e il diavolo pensava di affliggermi, mentre il Signore mi fortificava del continuo.
Un giorno di maggio, all’imbrunire, quando la gente per recitare il rosario usciva per recarsi ad una cappella posta accanto la nostra prima cava, terminai di lavorare un po’ prima e, tornando a casa, vidi un’anziana vedova che abitava vicino i miei genitori.
Questa donna, appena mi vide, interruppe la recita del suo rosario e mi disse:
-“Oh povero figlio perduto, povero figlio, che la madonna voglia avere pietà di te”.
Per la buona educazione che avevo ricevuto proprio dalle persone anziane e per il massimo rispetto che ho avuto sempre verso loro, quella volta non risposi e sopportai il tamburo che rullava al mio passaggio e il grido “viva Maria” che la gente mi indirizzava.
Di sicuro, mio padre aveva incoraggiato tutto questo, infatti aveva lasciato una traccia scritta sul frantoio della cava inneggiante a Maria immacolata.
In questo modo, mio padre si dichiarava estraneo da “quello che era successo” a suo figlio, e proprio a me aveva detto:
-“ora noi moriremo di fame perché la gente non verrà più a comprare da noi…ci ridurremo all’elemosina”.
Lui diceva così, invece eravamo i proprietari dell’unica cava di roccia della zona; in quel tempo la gente veniva da noi e io pregavo il Signore per questo.
Gesù mandava tanta gente: due, tre, quattro volte di più dei clienti abituali, e doveva aspettare ore ed ore per ricevere un carico di materiale.
Accorgendomi di questo mi rivolsi a mio padre e gli dissi:
-“Papà, qual è il difetto? Sono io e la fede in Cristo che ho abbracciato, o c’è qualcos’altro?”
In quel momento il Signore gli toccò il cuore e mi rispose:
-“Si, lo so, capisco queste cose, però ne voglio rimanere fuori”.
Gli dissi:
-“Dio conosce quelli che sono Suoi”, mentre promettevo a me stesso di pregare per la salvezza della sua anima
Capitolo 3°
DIO MI VOLLE IN PIEMONTE (indice)
Dopo tre anni da questi eventi, il lavoro cominciò a diminuire, fino al punto che decisi di andare a lavorare in Piemonte dove, già da alcuni anni, vivevano alcuni dei miei fratelli.
Fui ingaggiato da un’impresa immobiliare, i cui titolari mi amarono subito, grazie alla mano di Dio; mi amarono come se mi avessero conosciuto da sempre.
Altresì, nel mio cuore il Signore mise tanta gioia e forza al punto da custodire, da solo, un intero cantiere ubicato fuori dal centro abitato.
Lavoravo come quattro persone insieme e non mi curavo di altro, se non di lavorare e pregare. Il mio attaccamento al dovere era ricco di zelo e così dormivo pure nel cantiere.
La gente mi diceva:
-“ma non hai paura di dormire qui, dove i tedeschi compirono un massacro?”
Io non avevo paura, perché pregavo il Signore e Lo sentivo intensamente nella mia vita che cresceva sempre di più alla Sua “ombra”. Dormivo dentro il cantiere, come dicevo; di mattina aprivo le porte per fare entrare gli operai, i camions e tutto quanto occorreva per svolgere il lavoro di quell’impresa.
Dio operava potentemente verso di me; ricordo infatti,che una mattina di dicembre del mio primo anno in Piemonte, faceva molto buio, ma fui svegliato dal bagliore di una potente luce.
Credetti che il sole si fosse già alzato in cielo e che mi fossi addormentato, così saltai giù dal letto, presi le chiavi del portone per andare ad aprire, mentre dicevo fra me:
-“…non mi è mai capitato di addormentarmi; Signore che vergogna! Povero me, che mortificazione! Non ho mai fatto aspettare gli operai fuori, mai!”
Così, presi le chiavi e mi precipitai verso il portone centrale, ma quando arrivai lì, vidi che era ancora notte:
-“notte?” dissi fra me, “…ma santo cielo, che ora sarà mai? Cos’è questo buio fuori, mentre la mia stanza è piena di luce?”
Cercai di capire cosa stava accadendo, andai a controllare l’interruttore elettrico ma non c’era nessuna anomalia, eppure quel bagliore era più glorioso della luce del sole.
Allora compresi e mi inginocchiai in mezzo a quella Luce dolce e piacevole; ringraziai il Signore e Lo lodai per quella visita. Finito di pregare guardai l’orologio e pensai che potevo riposare ancora un po’.
Feci proprio così, ringraziai il Signore ancora e mi coricai, ma quando mi assopii leggermente, mi ritrovai in un luogo altissimo, verso la Gloria eterna e, di fronte a me in aria, vidi le mura di un tempio antico.
Vedevo le arcate che erano davvero gloriose e in una di quelle minori vidi una pianta di fiori bianchi e una colomba bianca che volava in mezzo.
Alla destra del tempio vidi una immensa Roccia sospesa nell’aria, mentre dicevo tra me:
-“Signore, ma questo è Gesù! Questa è la Roccia, questo è Gesù!”
Così, continuavo a volare nello Spirito e mi ritrovai in altri luoghi della terra.
Che esperienza, cari lettori! Una vicenda che segna l’animo di un uomo e ne sigilla il cuore, facendolo innamorare di più della Santità di Dio.
Alla fine di questa esperienza meravigliosa, mi alzai felice; la mia gioia era indescrivibile e riuscii ad aprire per tempo il cantiere.
L’opera per cui lavoravamo, doveva divenire uno stabilimento per la produzione di salumi; il proprietario era un certo signore Alimaretti, cugino del mio datore di lavoro, e molto famoso nel suo ramo, pensate che i suoi prodotti erano venduti pure all’Estero.
In attesa che lo stabilimento venisse rifinito, questo imprenditore era alla ricerca di un uomo di fiducia, per questo motivo ricevetti la sua attenzione, ma io rifiutai, perché Iddio mi ha ammaestrato ad affrontare seriamente ogni evento della mia vita, insegnandomi che quando si imbocca una via bisogna percorrerla fino in fondo. Così rimasi fedele al mio datore di lavoro.
Grazie a Dio, quindi, perché questo temperamento, forgiato dal Signore, mi ha giovato anche per il Servizio del grande Re, non solo, anche per essere d’esempio e di incoraggiamento per molte anime che, a volte, per vanità o per volontà altrui o per debolezza, traballano e vacillano.
Il signor Alimaretti aveva alle sue dipendenze un ragazzo di nome Giuseppe, originario del Trentino, il quale da alcuni anni non faceva ritorno a casa.
Questo ragazzo era addetto alla stagionatura dei salumi e, mentre svolgeva il suo compito, gli giunse una notizia preoccupante: suo padre stava molto male, era grave e aveva chiesto di vedere suo figlio per l’ultima volta.
Quando il signor Alimaretti, sua moglie e tutto il personale dello stabilimento udirono questo, furono dispiaciuti e presi dal panico, perché Giuseppe era un ragazzo “d’oro” che svolgeva benissimo il suo lavoro; solo lui era in grado di accudire alle stanze della stagionatura, per cui, anche se per pochi giorni, la sua assenza avrebbe determinato una grave perdita per l’azienda.
Così c’era la necessità che una gran quantità di insaccati non andasse perduta.
Qualcuno del cantiere fece sapere che c’era un certo “Antonio”(8) che temeva il Signore e che parlava proprio con Dio.
Così, fui cercato e mi fu detto:
-“Antonio, Antonio, siamo nelle tue mani!”.
Io risposi
-“…ma cosa vi è successo?”
-“Antonio ascolta, il papà di Giuseppe è molto grave e sta per morire, mentre noi non possiamo mandarlo via. Ti scongiuriamo Antonio, prega il tuo Dio affinché ci scampi dalla morte di quest’uomo e dal disastro economico”.
Quando sentii queste parole, mi venne davanti qualcosa che il Signore mi aveva insegnato, così risposi loro:
-“io voglio pregare per voi, naturalmente, ma a patto che anche voi e Giuseppe vi inginocchiate con me e preghiate Dio con me, affinché egli operi”.
Mi risposero che non sapevano pregare, ma li convinsi dicendo di non preoccuparsi di questo.
Tutti fecero come io avevo detto e le donne che non avevano il velo sulla testa andarono a prendere qualcosa, anche degli asciugamani puliti.
Fra queste donne c’era la stessa datrice di lavoro e suo marito che si prostrarono davanti a Dio. Tutti si umiliarono dinanzi a Colui che Vive e quella stanza si riempì di gente in ginocchio e con gli occhi chiusi, mentre io, con le mani alzate, pregai l’Eterno per loro.
Il Signore ascoltò la mia voce, infatti, il giorno dopo fui cercato dal signor Alimaretti e da sua moglie, i quali mi informarono che il papà di Giuseppe stava meglio e che non sarebbe morto.
Essi mi riferirono che quell’uomo era stato guarito miracolosamente e che gli stessi medici che lo avevano in cura, erano rimasti meravigliati.
Quando sentii quelle parole chiesi loro a che ora ciò fosse avvenuto, e mi fu risposto che fu l’ora in cui tutti avevamo pregato per quella guarigione.
Sia lodato il Nome del Signore per tutte queste cose, diamo a Lui lode e onore, Amen.